martedì 18 febbraio 2014

Erich Kästner, Fabian. Storia di un moralista, Marsilio 2010.

“Questo libro”, scrive Kästner in un’Appendice (non compresa nell’edizione italiana) dal titolo Fabian e i censori, “non è fatto per le educande, non importa che età abbiano”. In effetti Fabian, pubblicato per la prima volta nel 1931 e ben presto finito nel rogo dei libri proibiti dal Nazismo, non è un libro per educande e tuttavia non è un libro immorale. Anzi, Kästner si proclama a più riprese moralista. La vicenda si svolge in gran parte a Berlino, nella Berlino degli ultimi convulsi momenti della Repubblica di Weimar, poco prima della catastrofe finale. Una metropoli dominata dalla violenza, dal cinismo, dalla caduta di ogni freno morale, di ogni principio saldo; abitata da figure allampanate, da disoccupati, da capitalisti cinici e indifferenti, da prostitute e prostituti. Gli unici personaggi positivi sono destinati alla sconfitta, come il disincantato e forse un po’ rassegnato Fabian che perde il lavoro e viene abbandonato dalla donna che ama, per la carriera, ma che è capace di gesti generosi; o il suo amico Labude che si suicida per incapacità di vivere in quel mondo. Il protagonista abbandonerà Berlino, per tornare nella sua città natale, nella provincia tedesca non ancora del tutto rovinata, ma già toccata dal virus.
Il libro è scritto in uno stile rapido, brillante, vicino alle tendenze espressioniste dell’epoca e pieno di battute da cabaret, folgoranti, ma sempre cariche di amarezza e di sconforto. Nel leggerlo si ha l’impressione che et de nobis fabula narratur.

Renato

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