domenica 23 febbraio 2014

J. Riel, Prima di domani, Iperborea 2009

La vicenda è ambientata nell’estremo nord attorno alla metà dell’800, presso una piccola comunità di Inuit (esquimesi). La vita degli uomini (questo è il significato della parola Inuit) è dura, ogni giorno bisogna fare i conti con la  natura inospitale e con i primitivi strumenti disponibili. Tuttavia essa è cadenzata da ritmi e da riti secolari che consentono un armonioso sviluppo ed un profondo rispetto delle altre forme di vita. La situazione precipita quando dei cacciatori di pelli occidentali vengono a contatto con la piccola comunità, bramosi di appropriarsi delle pellicce che per gli indigeni sono fondamentali per la sopravvivenza, per loro solo fonte di guadagno. Gli unici a salvarsi dalla strage perpetrata dai bianchi, sono un bambino e la nonna che si trovavano su una piccola isola, incaricati di essiccare carne e pesce per tutta la tribù. Ma anche il loro destino a questo punto è segnato: la vita è possibile solo all’interno della comunità.
Il romanzo affronta con efficacia, anche se talvolta in modo scoperto, il tema dei guasti che la contaminazione della cultura occidentale ed in particolare l’avidità  di sfruttare le ricchezze provocano alle civiltà più deboli, che vengono  cancellate senza esitazione. Interessante è notare come venga continuamente sottolineato che, pur nella precarietà della loro esistenza, totalmente dipendente dalla caccia e dalla pesca,  queste popolazioni “primitive” manifestano una evidente superiorità morale nel rispetto degli animali e dei membri più deboli della comunità in confronto ai “progrediti” occidentali.


Francesca

martedì 18 febbraio 2014

Erich Kästner, Fabian. Storia di un moralista, Marsilio 2010.

“Questo libro”, scrive Kästner in un’Appendice (non compresa nell’edizione italiana) dal titolo Fabian e i censori, “non è fatto per le educande, non importa che età abbiano”. In effetti Fabian, pubblicato per la prima volta nel 1931 e ben presto finito nel rogo dei libri proibiti dal Nazismo, non è un libro per educande e tuttavia non è un libro immorale. Anzi, Kästner si proclama a più riprese moralista. La vicenda si svolge in gran parte a Berlino, nella Berlino degli ultimi convulsi momenti della Repubblica di Weimar, poco prima della catastrofe finale. Una metropoli dominata dalla violenza, dal cinismo, dalla caduta di ogni freno morale, di ogni principio saldo; abitata da figure allampanate, da disoccupati, da capitalisti cinici e indifferenti, da prostitute e prostituti. Gli unici personaggi positivi sono destinati alla sconfitta, come il disincantato e forse un po’ rassegnato Fabian che perde il lavoro e viene abbandonato dalla donna che ama, per la carriera, ma che è capace di gesti generosi; o il suo amico Labude che si suicida per incapacità di vivere in quel mondo. Il protagonista abbandonerà Berlino, per tornare nella sua città natale, nella provincia tedesca non ancora del tutto rovinata, ma già toccata dal virus.
Il libro è scritto in uno stile rapido, brillante, vicino alle tendenze espressioniste dell’epoca e pieno di battute da cabaret, folgoranti, ma sempre cariche di amarezza e di sconforto. Nel leggerlo si ha l’impressione che et de nobis fabula narratur.

Renato

domenica 16 febbraio 2014

J.K. Stefànsson, Paradiso e Inferno, Iperborea 2011 ; La tristezza degli angeli, Iperborea 2012

In attesa della pubblicazione in Italia del terzo volume della trilogia di Stefànsson desideriamo comunque presentare le prime due parti, edite nel 2011-2012. Protagonista assoluta delle vicende è la terribile natura islandese. Il primo volume si apre con una vicenda tragica che è narrativamente un capolavoro: l’autore racconta con stile distaccato, “oggettivo” ma con punte di intensa prosa poetica, la morte per assideramento durante la pesca di un giovane amante della lettura davanti agli occhi inorriditi del suo giovane amico- allievo. Ciò che li univa e decreta anche la morte di uno dei due, era l’amore per la lettura. “ Non abbiamo bisogno di parole per sopravvivere, ne abbiamo bisogno per vivere”.
 
Nel secondo volume, l’amico sopravvissuto trova ospitalità presso una strana locanda che ben presto abbandonerà per accompagnare il postino che deve spingersi sino  alle gelide regioni del nord ( siamo nell’ottocento e gli spostamenti avvenivano a piedi). Ancora una volta la protagonista assoluta è la natura terribile e del tutto indifferente ai destini umani e ancora una volta l’autore rasenta il capolavoro. I due cercano disperatamente di sopravvivere in una regione completamente coperta da ghiaccio e neve e  sferzata da un vento gelido. Sorprende la capacità degli uomini in balia della natura di conservare la loro umanità . Ciò che rende sopportabile tutto ciò al nostro protagonista è sempre comunque la passione per la lettura come atto d’amore nei confronti dell’amico morto.
 Nel corso del loro viaggio i due  faranno vari incontri, alcuni dei quali descritti con toccante semplicità. Il volume si conclude con una rovinosa caduta dei  viaggiatori lasciando in dubbio il lettore se siano vivi o morti.
Ogni pagina è un tuffo al cuore; un’intensa e commossa riflessione sulla vita, la morte e la sopravvivenza a chi abbiamo amato e ancora vive con noi.
Assolutamente da leggere.




Francesca e Renato

giovedì 13 febbraio 2014

David Acheson, 1089 e altri numeri magici

L’autore, professore di matematica, esordisce con un gioco numerico, quasi un classico: “Pensa un numero di tre cifre…”. Il motivo è semplice: “è stato il primo assaggio di matematica che mi ha davvero colpito.”
Ciò che forse conquista di più è il fatto che non manca una descrizione dei grandi errori matematici del passato: persino Eulero formulò una congettura che venne sconfessata solo nel 1966! Ma anche la descrizione di un esperimento particolare, e al tempo stesso così incredibile, da suscitare la reazione indignata di uno spettatore che aveva assistito a un numero di equilibrismo presentato in televisione proprio dall’autore, nominato come un “imbroglione di Oxford”.

Già dalle dimensioni del libro si intuisce che questo “viaggio sorprendente nella matematica” non potrà che consistere di assaggi che rimandano ad ulteriori approfondimenti, ma le immagini, gli spunti, le curiosità e il tono molto colloquiale lo rendono un libro da consigliare soprattutto agli alunni che hanno bisogno di incontrare una matematica diversa da quella scolastica.

Daniela

Steven Strogatz, La gioia dei numeri

L’autore, nella prefazione, ci informa che il suo libro è una “visita guidata attraverso gli elementi della matematica, dalla scuola materna al dottorato, per chiunque decida di darle una seconda opportunità, ma questa volta con un approccio da adulti. Non è un corso di recupero; l’obiettivo è di darvi un’idea più chiara del senso della matematica e del perché sia così affascinante per chi la capisce.” Alcune parti di questo libro si possono trovare anche on line sul sito del “New York Times” in lingua originale, visto che sono state pubblicate in forma di articoli alla fine di gennaio del 2010, nella rubrica The Elements of Math, per quindici settimane.
La lettura di questo libro può essere considerata sia un’introduzione alla matematica sia una carrellata di curiosità e, in ogni caso, invita all’approfondimento. Non è semplicemente un libro: io l’ho letto con un computer acceso a portata di mano per poter cogliere tutti gli spunti forniti dall’autore: così ho gustato la puntata di “Sesame Street” in cui si dimostra quanto sia comodo saper contare e ho perso la nozione del tempo guardando i filmati di Vi Hart su Youtube.

Consigliatissimo!

Daniela

mercoledì 12 febbraio 2014

V.Senesi, La scatola dei calzini perduti, Piemme 2009


Immigrato clandestino come tanti nonostante l’apparente diversità, Madut, il protagonista di questo romanzo, si trova sbalzato in una realtà che non capisce, in un mondo a lui totalmente estraneo con ancora nel cuore i drammi del suo passato africano e come unica compagnia i ricordi di chi non c’è più. La sua solitudine viene a volte, superficialmente scalfita dagli altri emarginati come lui: prostitute, barboni, altri immigrati. Ma  appare subito chiaro che il suo destino è inesorabilmente segnato: non c’è scampo per chi nasce tra i poveri della terra e la solidarietà è  un lusso che spesso i disperati non possono concedersi. Il perbenismo poi si occupa di fare il resto.
Molto attuale e interessante il tema dell’immigrazione clandestina e della sostanziale incomunicabilità di realtà che fisicamente si incontrano ma senza mai entrare in contatto o meglio ancora in dialogo. L’esperienza di Senesi come giornalista inviato nelle zone “calde” e il suo impegno come collaboratore di Emergency traspaiono chiaramente nella narrazione e nella prospettiva del racconto. Letterariamente però il romanzo non regge:  poco convincente il passaggio dal mondo quotidiano all’intreccio magico del mondo tribale . Si ha l’impressione che il linguaggio non sorregga un progetto il cui scopo è fin troppo manifesto.


Francesca

martedì 11 febbraio 2014

S.Benni, La compagnia dei Celestini, Feltrinelli 1992

Prendete tre orfani scapestrati, aggiungete lo sport di strada più bizzarro e competitivo che sia mai esistito, cuocete il tutto tra le grinfie di due preti ossessivi e pedanti, condite con un fascinoso misticismo e servite su un velo di malinconica ironia; Stefano Benni ci ha sfornato la deliziosa ricetta d'un altro libro dolceamaro.
Un'elaborata analisi della società moderna con le sue più profonde contraddizioni proiettate nei comuni stereotipi, quindi scomposte ed infine rielaborate per un intenso complesso psicologico; il libro riassume il percorso formativo dell'innocenza fanciullesca, dai primi confronti coi "brutti" fino alla consapevolezza dell'immaterialità della stessa vicenda; comunque, una storia fresca, divertente e sofisticata, dall'intreccio impegnato ma mai confuso, dal tono sarcastico e spesso colorito. Anche ignorando le brillanti riflessioni sulla vita e sulla morte, sul bene e sul male, la passione di Benni ci trascina tra i fangosi terreni di un ghetto di periferia; tra questi aspri campi si svolge la lotta di Smemorino e dei suoi compagni in lizza per l'ambìto trofeo: la vittoria de "Il Campionato Mondiale di Pallastrada." La storia è scandita da un ritmo fluido ma sconsiglio la lettura a più riprese: le duecento (e poche) pagine del libro sono intense, ricche di emozionanti avventure, di impensabili intrecci e di toni pungenti.
Un caldo pomeriggio d'estate trascorso in compagnia di questo romanzo vi farà rivivere le giornate vissute all'insegna del pallone, la lordura del campo sotto casa ed il sorriso con cui tornavate a casa.


Boccone Andrea IIIB Liceo Classico

lunedì 10 febbraio 2014

Mario Calabresi, Cosa tiene accese le stelle

Cosa tiene accese le stelle, di Mario Calabresi, mette a confronto due diverse epoche della storia d'Italia, il tempo in cui sono vissuti i nostri genitori con il presente.
L'autore racconta come oggi gli anziani rimpiangono il passato e di come la nostra generazione non sa far altro che lamentarsi.
Calabresi sostiene, invece che  il problema sta proprio nel non trovare un modo per affrontare le sfide del presente, così porta esempi di persone che hanno vissuto in un'epoca che, contrariamente a quanto si creda, non tutto era facile e scontato, ma la speranza nel futuro e la capacità di sognare hanno reso possibile il progresso. Dunque proprio questi sentimenti del passato sono necessari per affrontare il presente e credere ancora nel futuro.
L'autore attraverso un excursus dal tempo passato a quello presente racconta le storie di scienziati, imprenditori, artisti e persone comuni, per dimostrare che, se ce l'hanno fatta loro, possiamo farcela anche noi. Non si deve aver nostalgia del passato, ma prenderlo ad esempio per trovare coraggio.
Lamentarsi non serve a nulla e Mario Calabresi ce lo spiega!
Ve lo consiglio.

Francesca Poiatti IIIB classico

F.Kafka, La metamorfosi

La Metamorfosi di Kakfa è a mio parere il libro che per eccellenza riesce a confrontare la società di Kafka con la condizione umana di Gregor Samsa, il personaggio principale, che può rappresentare persone di qualsiasi ceto o periodo storico. Si tratta di un libro in cui le angosce ed i pregiudizi delle persone fanno da sfondo al disagio sociale provato da Gregor Samsa. Lo stile fluido e la narrazione in terza persona fanno si che il libro sia di facile lettura ma, allo stesso tempo, la comprensione del dramma sociale descritto può essere compreso solo da coloro che sono in grado di riconoscersi in Samsa o nel padre dispotico che lo segrega nella sua camera per nasconderlo dalla società. Ancora una volta il suicidio viene visto come liberazione: per Gregor dalla sua condizione non più umana ma di parasssita e per i parenti dalla presenza di un essere infame che non merita la pietà umana. I testi di Kafka non lasciano indifferenti ma spingono l'uomo a cercare il perchè della malvagità e dell'indifferenza umana. Una sola lettura non basta, bisogna immedesimarsi in Kafka e in quel piccolo scarafaggio che con la sua presenza cambia il mondo attorno a sè e capisce come la vita non dipenda soltanto dalle proprie azioni ma soprattutto dalla propria volontà. L'ho letto cinque volte in cinque periodi diversi e la metamorfosi di Kafka è a mio parere uno dei pochi testi che rimane nella memoria e ad ogni lettura le emozioni provate sono sempre più forti. 

Althea Mandelli, III B Liceo Classico

domenica 9 febbraio 2014

Lucrezio, La natura dell'amore


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Chissà se è vero che Tito Lucrezio Caro, uno dei più grandi poeti del mondo classico, mori' a causa dell'indigestione di un filtro d'amore che lo condusse alla follia? Se non è dimostrabile questo gossip storico, direttamente giunto dalla Roma del I sec a.C. ad oggi, è comunque affascinante...
Probabilmente è solo una leggenda, ma quello che è sicuramente vero è che l'autore del " De rerum natura" conosceva a fondo il sentimento dell'amore: Lucrezio in quest'opera mostra la sua particolare capacità di entrare nei meandri psicologici della passione, dell'eros, una dimensione costituita non solo da presenza fisica, ma anche dalle immagini mentali della persona amata. Ancora una volta la produzione letteraria classica dimostra tutta la sua modernità, anticipando il contenuto di base di alcune delle più diffuse teorie psicologiche sull'innamoramento, come proiezione dei desideri e delle esigenze affettive dell'innamorato sulla persona oggetto del suo interesse.
  
Dionisia.

T.Ryckman, The Reign of Relativity. Philosophy in Physics 1915-1925, New York 2005

“Sarebbe deludente se un cambiamento radicale come quello introdotto da Einstein non comportasse alcuna novità filosofica”. Così scriveva Russell nel 1926. In verità, le implicazioni filosofiche della Teoria della relatività furono colte immediatamente e numerosissime furono le prese di posizione sia di filosofi con una formazione scientifica, come Schlick, che si era addottorato in fisica con Planck; sia da scienziati con forti interessi filosofici, come Weyl o Eddington (per tacere dello stesso Einstein); sia di filosofi “puri”, ma con una solida competenza scientifica, come Cassirer.Ryckman ricostruisce con cura e con i necessari strumenti matematici le discussioni sulla portata filosofica della nuova teoria, individuando due correnti principali. Da una parte l’Empirismo logico che faceva capo a Schlick, e che vedeva nella nuova teoria fisica il successo definitivo dell’empirismo e la non meno definitiva morte dell’apriorismo kantiano. Dall’altra l’“idealismo trascendentale”, inteso in senso lato, del quale farebbero parte Weyl, che si richiamava apertamente alla filosofia di Husserl, Cassirer, l’esponente più significativo del Neokantismo, e Eddington, col suo kantismo eterodosso. L’evidente simpatia dell’Autore per questa seconda corrente, non gli impedisce però di rendere giustizia anche alla prima e di fornire un quadro articolato e pressoché completo delle problematiche filosofiche dischiuse dalla Teoria della relatività



Renato