Galileo
Galilei, si sa, fu condannato per aver sostenuto la teoria eliocentrica di
Copernico. La faccenda, però, non è così semplice, innanzitutto perché, in
realtà, non è mai esistito alcun decreto di condanna dell’astronomia
copernicana, come dottrina eretica e contraria alla Scrittura. Del resto non
era prerogativa dell’Indice esprimersi sulle dottrine per decretarne l’eventuale
natura erronea; questa prerogativa spettava esclusivamente al Sant’Uffizio. Dal
punto di vista teologico e istituzionale il decreto dell’Indice non costituiva
e non poteva costituire una condanna dottrinale dell’eliocentrismo, ma
semplicemente un provvedimento contro i libri che sostenevano la sua
concordanza con la Sacra Scrittura. Contro i libri, non le persone. Ma allora
perché Galilei fu condannato per “veemente sospetto di eresia”? Perché il
processo intentato contro il grande scienziato fu basato su documenti falsi ed il
procedimento fu del tutto anomalo e contrario all’iter rigoroso, per quanto
mostruoso ai nostri occhi, dei processi dell’Inquisizione. L’evidente
falsificazione delle carte processuali, l’ambiguità con cui si fece passare la
“paterna ammonizione” di Bellarmino a non affermare la realtà fisica del
copernicanesimo, per un’intimazione a non sostenere in alcun modo
l’eliocentrismo, portarono alla condanna, una condanna che ha profondamente
segnato la scienza e la cultura italiana per secoli.
Renato
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