domenica 12 gennaio 2014

Vittorio Frajese, Il processo a Galileo Galilei. Il falso e la sua prova, Morcelliana 2010



Galileo Galilei, si sa, fu condannato per aver sostenuto la teoria eliocentrica di Copernico. La faccenda, però, non è così semplice, innanzitutto perché, in realtà, non è mai esistito alcun decreto di condanna dell’astronomia copernicana, come dottrina eretica e contraria alla Scrittura. Del resto non era prerogativa dell’Indice esprimersi sulle dottrine per decretarne l’eventuale natura erronea; questa prerogativa spettava esclusivamente al Sant’Uffizio. Dal punto di vista teologico e istituzionale il decreto dell’Indice non costituiva e non poteva costituire una condanna dottrinale dell’eliocentrismo, ma semplicemente un provvedimento contro i libri che sostenevano la sua concordanza con la Sacra Scrittura. Contro i libri, non le persone. Ma allora perché Galilei fu condannato per “veemente sospetto di eresia”? Perché il processo intentato contro il grande scienziato fu basato su documenti falsi ed il procedimento fu del tutto anomalo e contrario all’iter rigoroso, per quanto mostruoso ai nostri occhi, dei processi dell’Inquisizione. L’evidente falsificazione delle carte processuali, l’ambiguità con cui si fece passare la “paterna ammonizione” di Bellarmino a non affermare la realtà fisica del copernicanesimo, per un’intimazione a non sostenere in alcun modo l’eliocentrismo, portarono alla condanna, una condanna che ha profondamente segnato la scienza e la cultura italiana per secoli.

Renato

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