Heinrich Hertz (1857-1894) è noto
soprattutto per la scoperta dell’effetto fotoelettrico e per aver dimostrato
sperimentalmente l’esistenza delle onde elettromagnetiche, ipotizzate da
Faraday e da Maxwell, grazie alla costruzione di un apparecchio, noto come
dipolo hertziano, capace di emettere onde radio (per questo la frequenza viene
misurata in hertz). Nonostante il suo genio sperimentale, però, l’interesse
preminente di Hertz era rivolto alla fisica teorica e ai suoi fondamenti. Ne è
chiara dimostrazione quest’opera, pubblicata postuma, l’anno stesso della
prematura morte dello scienziato tedesco. Si tratta dunque di un manuale di
fisica che ha ormai più di cent’anni. Tuttavia non ha per noi soltanto un
interesse storico; esso è infatti esemplare per il rigore argomentativo, per la
chiarezza dell’esposizione e delle dimostrazioni, per la consapevolezza teorica
che lo anima. E, perché no, anche per la chiara consapevolezza del rilievo
filosofico delle teorie scientifiche. Basterebbe leggere la lunga Introduzione
dello stesso Hertz, per rendersene conto. Il proposito di Hertz, attraverso una
lucidissima critica delle concezioni correnti alla sua epoca della meccanica, è
quello di fondare una nuova concezione della fisica e, più in generale, una
nuova visione del mondo.
L’opera è impreziosita dalla commossa prefazione di Helmholz all’opera del suo allievo prediletto.
L’opera è impreziosita dalla commossa prefazione di Helmholz all’opera del suo allievo prediletto.
Renato
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