Chi pensa che un professorone di fisica
austriaco a cavallo tra XIX e XX secolo non possa che essere serioso e noioso,
si sbaglia di grosso. Questo diario di viaggio di Boltzmann negli Stati Uniti,
a Berkeley in California, per la precisione, dove era stato invitato a tenere
delle lezioni, è pieno di spirito, di ironia e di autoironia. Boltzmann si
diverte a prendere in giro se stesso e i suoi colleghi austriaci e tedeschi, ma
anche gli usi, i costumi e le persone della California, l’Eldorado, appunto.
Ma, come dice Orazio, nulla vieta di parlare di cose serie col sorriso sulle
labbra. Ed è quello che fa Boltzmann, il quale si rende conto delle immense
potenzialità della giovane Nazione, che suscitano in lui un benevolo sorriso,
non privo di apprensione. Ne ammira il dinamismo e con stupore registra
l’importanza delle donazioni private per la vita delle università americane e l’onnipotenza
del denaro. Capisce che la vecchia Europa sarà ben presto superata e che il
futuro, anche della scienza, è già lì. Tutto il racconto poi è pieno
d’interessanti, divertite e a volte inquietanti considerazioni scientifiche.
Un’ultima cosa, ma non meno importante. Il racconto è costellato da citazioni
tratte dalle opere di Schiller che Boltzmann ci invita ad individuare ed al
quale è dedicato il volume degli Scritti
popolari (1905) da cui è tratto questo resoconto. Che sia possibile conciliare
cultura umanistica e cultura scientifica?
Renato
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