Com’è noto, Einstein, su consiglio dell’amico
Grossmann, si rivolse ai matematici padovani per risolvere alcuni problemi
della relatività generale di cui non riusciva a venire a capo. Il calcolo
differenziale assoluto con coordinate, elaborato da Tullio Levi-Civita e dal
suo maestro Ricci Curbastro, riformulato in seguito dai due matematici in
termini geometrici, con l’introduzione della derivazione covariante è infatti una
componente formale fondamentale della teoria della relatività generale. Levi-Civita,
dopo qualche perplessità, accolse la teoria della relatività, fornendo
ulteriori contributi di fondamentale rilevanza. Il libro di cui parlo qui è la
trascrizione, dovuta ad Enrico Persico, delle lezioni di Levi-Civita sulla
relatività generale nel 1926 e pubblicata due anni dopo. Le esposizioni più o
meno divulgative della relatività e le diverse prese di posizione scientifiche
e filosofiche sulla negli anni ’20 del secolo scorso non si contano, ma questa
di Levi-Civita, è particolare. Levi-Civita, infatti, lascia volutamente da
parte l’elettromagnetismo e segue un’altra via, più “intuitiva”. Egli infatti
prende le mosse dalla tradizione newtoniana, convinto che questo approccio
consenta una più chiara visione del passaggio dallo schema classico a quello
relativistico. In questo modo Civita rinuncia a ricorrere al calcolo tensoriale
astratto che l’ha reso famoso in tutto il mondo ed utilizza invece formulazioni
classiche, dovute a Hamilton, Jacobi ed altri. Il risultato è un’esposizione
nitida, anche se tecnicamente complessa, che non concede nulla al lettore, ma
che è un esempio altissimo di razionalità cristallina e di lucidità espositiva.
Renato
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