Oggi, cent’anni fa, venivano
assassinati, per mano di Gavrilo Princip, il Principe Rodolfo d’Austria, erede
al trono, e sua moglie. Sarà la scintilla che scatenerà l’inferno della Grande
Guerra. Il mondo che si risveglierà da questa spaventosa ecatombe sarà
completamente cambiato. Diversi gli assetti geopolitici, diverso il peso
economico dei paesi coinvolti. Un modo per riflettere su questo evento
terrificante, evitando ogni retorica, potrebbe essere quello di leggere o
rileggere i romanzi che parlano di questa guerra. Alcuni sono notissimi, come
ad es. Addio alle armi di Hemingway,
o Un anno sull’Altopiano di Lussu, o Niente di nuovo sul fronte occidentale
di Remarque, o Gli ultimi giorni
dell’umanità di Kraus). Ma si sono altre opere, meno note, che meritano però
di essere lette (ad esempio lo splendido racconto di De Roberto, La paura, o Tra melma e fango di Rebora, oppure L’ora dei morenti di Johst). Tra queste lo splendido romanzo dello
scrittore neogreco Stratis Myrvilis. L’A. sceglie di non soffermarsi sugli
aspetti bellici del conflitto, come solitamente fanno i romanzi di guerra, ma
di descrivere l’abbrutimento, la degradazione, la disumanizzazione cui porta la
logica di guerra: marce estenuanti e spesso inutili, la vita in trincea, la
presenza nauseante della morte, la perdita di dignità dell’uomo, il ricordo
struggente della vita di prima, la nostalgia della famiglia. Il protagonista ed
insieme a lui il lettore non capisce perché di tutta questa assurdità. Anche la
sua morte sarà assurda. Con un riuscitissimo espediente letterario l’A. ci dice
fin dalle prime pagine come morirà il Sergente Costula. In questo modo costringe
subito il lettore a chiedersi: perché?
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