Una
pedagogia secondo la quale “sapere di meno fa
più democratico” ed alla quale invece
Canfora contrappone questi aurei principi: “Il corso di studi dovrebbe avere
come principale risultato la mutazione di un soggetto necessariamente
eterodiretto e subordinato ad una autorità forte e indiscussa, in soggetto
pensante nei confronti del quale la disciplina diviene tutt’altra cosa: diviene
consapevole accettazione e poi assunzione di un abito critico”.
Il
tema del libro, evocato dal titolo è la domanda se sia ancora utile ed
opportuno occuparsi della storia e della cultura classica. Con la consueta
intelligenza Canfora non si accontenta degli argomenti solitamente addotti in
favore della cultura classica che gli paiono caratterizzati da uno sterile
autocompiacimento. Secondo l’autore ciò che di più proficuo il mondo antico ci
insegna è affrontare la complessità e la
problematicità della realtà . Questa capacità è particolarmente auspicabile
oggi, quando tutto sembra appiattito e banalizzato e le vie più comode sono le
più praticate.
“Qual
è il grande vantaggio di interpellare questi antichi? Essi non hanno scelto la via consolatoria. Ci insegnano a scartare
le risposte facili e le facili consolazioni e autoassoluzioni”
Francesca
Lo leggerò anche se forse la penso già come l'autore.
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