Ormai nessuno (o quasi) crede più
all’immagine del Medioevo (si parla della bellezza di circa mille anni di
storia),come un’epoca di ignoranza e di oscurantismo. Come sarebbero spiegabili
altrimenti fenomeni letterari quali i poemi cavallereschi francesi e tedeschi,
i Fabliaux, oppure Dante e Petrarca? Anche in campo scientifico il Medioevo fu
tutt’altro che un’epoca di stagnazione e di ottusa e passiva ripetizione delle
teorie di Aristotele e di Galeno. Pur con tutti i limiti di una scienza
tendenzialmente, ma non esclusivamente, qualitativa, si cercò di dare conto, con
incredibile vivacità intellettuale e autonomia di giudizio, di fenomeni estremamente
complessi. Provare per credere. Si legga questa splendida, classica
ricostruzione delle teorie scientifiche dovuta ad uno dei più grandi storici
della scienza del XX secolo, il britannico A. C. Crombie. Con uno stile brillante
ed accattivante, ma mai banale, Crombie ricostruisce, con straordinaria
competenza, il dibattito scientifico nei cosiddetti secoli bui, fino alla
rivoluzione galileiana. In questa meravigliosa opera si parla di fisica (si
pensi alla teoria dell’impetus), di
matematica, di astronomia, ma anche di meteorologia, di ottica, di geologia, di
chimica, di medicina. Il quadro che ne esce è sorprendente. Nessuno, credo, può
negare l’importanza della cosiddetta rivoluzione scientifica del XVI secolo,
che vide Galilei Galilei tra i protagonisti assoluti, in campo fisico, ma è
veramente comprensibile questa rivoluzione e il profondo mutamento
paradigmatico che essa impose, senza che il terreno fosse preparato dagli
scienziati medievali?
Renato
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