sabato 18 aprile 2015

Hannah Kent, Ho lasciato entrare la tempesta

Il romanzo, ambientato nell'Islanda dell'Ottocento, narra della storia di Agnes Magnúsdóttir, una giovane donna accusata di aver ucciso l'uomo che amava, Natan Keltisson. In quel luogo e periodo vi era una limitata apertura mentale e di conseguenza una giovane intraprendente ed intelligente come la protagonista era malvista dal “popolino”. Natan era per alcuni un medico prodigioso, capace di salvare molte vite da una morte atroce; per altri invece uno stregone, figlio del diavolo. Le credenze popolari e le superstizioni conferiscono maggiore ambiguità ai personaggi, che sembrano perennemente sospesi tra bene e male. Il cadavere di Natan è stato ritrovato martoriato, insieme a quello di un altro uomo, con tagli, profonde contusioni e bruciature a seguito di un incendio divampato nella casa. Tutti i sospetti ricadono su Agnes e su altri due servi. La protagonista viene condannata e privata della sua libertà: « In qualità di rea condannata della corte di questo paese, hai perduto il diritto alla libertà». Ella viene costretta a prestare servizio ad una famiglia disposta ad accoglierla e mantenerla fino al giorno dell'esecuzione; qui riceverà anche la visita di un sacerdote, inviato allo scopo di preparare spiritualmente la donna alla morte ed eventualmente di riferire un miglioramento comportamentale e una certa forma di pentimento della rea alla corte giudiziaria, per ottenere la revisione del suo caso e forse la sua salvezza. Il libro presenta due diversi narratori: uno esterno in terza persona ed uno in prima persona, Agnes. Questo espediente permette l'inserimento di pensieri e ricordi della protagonista (con ampi flashback), insieme alle sue reazioni esterne. Il mix di questi fattori palesa le molteplici sfumature della protagonista, rendendola un personaggio decisamente affascinante e misterioso. La scrittura trovo sia curata e scorrevole; essa insieme alla trama ed all'ambientazione suggestiva rende il libro molto piacevole alla lettura e davvero coinvolgente, nonostante la delicatezza del tema trattato, considerando che quella di Agnes è una storia vera. Consiglio caldamente la lettura di questo romanzo! Chiudo la recensione con una citazione: «Io resto muta. Determinata a chiudermi nel mio mondo, a serrare il mio cuore e a tenere stretto quel poco di me che non hanno ancora rubato.[...] Mi aggrapperò a chi sono dentro e stringerò le mani intorno a tutto ciò che ho visto e udito, e provato. [...] Seppellirò tutto quel che mi rimane per immergermi negli abissi. Se parlerò, saranno solo bolle d'aria. [...]Vedranno la sgualdrina, la pazza, l'assassina, la femmina che gronda sangue sull'erba e ride con la bocca piena di terra.[...] Ma non vedranno me. Perché io non ci sarò».

Francesca Rovaris 5^a scientifico

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