mercoledì 15 aprile 2015

Alice Miller, "Il dramma del bambino dotato e la ricerca del vero sé"

L'autrice del libro in questione, nonché psicologa e psicanalista, nei suoi scritti si è occupata prevalentemente dei disagi derivati dagli abusi psico-fisici perpetrati sui bambini anche e soprattutto  inconsciamente da parte dei genitori.

Nello specifico, in quest'opera saggistica la Miller si sofferma su una questione, che francamente nell'ambito  della psicologia dell'età evolutiva  non è sicuramente una novità: le sottili manipolazioni, talvolta al limite della violenza, di cui è capace l'amore genitoriale per ottenere "il bravo bambino", figura su cui i genitori proiettano i loro più reconditi bisogni, pilotandone l'esistenza. Risultato? Il bambino intraprenderà un vissuto, che poi non sentirà suo, un'esistenza in cui, ad un certo punto non si riconoscerà. 
Se questa sezione, come ho già accennato, non ci presenta nulla di rivoluzionario, più interessante anche per i suo respiro ottimistico è la  proposta avanzata dall'autrice per sanare la lacerazione che ad un  certo punto non potrà che crearsi tra genitori e figli e per dare la possibilità al "bambino già cresciuto" di trovare il vero sé. 
Quale? In un certo senso fissando una nuova rinascita, una ripartenza in cui genitori e figli, collaborando ed impostando il loro rapporto su un sano interscambio possano trovare una realizzazione condivisa. I primi, in tal caso avrebbero la possibilità di contribuire alla concretizzazione dei sogni fino a quel momento rimasti tali di un figlio, che dal canto suo, grazie ad una maggior maturazione potrebbe essere più comprensivo anche nei confronti di genitori evidentemente imperfetti, ma per lo meno disposti a rimettersi in gioco.
                                                                                                                                          Dionisia Vittori





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